Le leva obbligatoria. Abolita nel 2005, oggi torna di attualità nel dibattito politico. Le idee al vaglio del Governo.
La leva obbligatoria, istituto storico dalle controversie molteplici, torna ad accendersi nel dibattito pubblico italiano. La leva militare, istituita nel 1861 con l’Unità d’Italia, ha rappresentato per decenni un tassello fondamentale della vita di molti giovani italiani. Abolita da diversi anni, ormai, ora il Governo di centrodestra pensa di reintrodurla. Ma cosa comportava realmente la leva obbligatoria e qual è la sua attuale rilevanza nel panorama sociale e politico italiano?
La leva obbligatoria prevedeva l’arruolamento dei giovani maschi italiani all’interno delle forze armate per un periodo di servizio militare che, nel corso degli anni, è variato in durata. Inizialmente, la leva durava tre anni, per poi essere ridotta a 18 mesi e infine a 12 mesi. Durante il servizio militare, i giovani venivano addestrati e formati per svolgere compiti legati alla difesa nazionale.
Negli anni ’90, con la fine della guerra fredda e il cambiamento del panorama geopolitico, molti Paesi europei hanno abbandonato la leva obbligatoria in favore di un esercito professionale. Anche l’Italia ha seguito questa tendenza, abolendo definitivamente la leva nel 2005 con la legge n. 226/2004. Da allora, il servizio militare è diventato volontario, consentendo ai giovani di arruolarsi in base alla propria volontà e inclinazione. Ma ora, il Governo presieduto da Giorgia Meloni potrebbe riportare il Paese a vent’anni addietro.
Italia: torna la leva obbligatoria?
Nonostante l’abolizione della leva obbligatoria, il tema del servizio militare obbligatorio continua a suscitare interesse e dibattito in Italia. Alcuni sostengono che la reintroduzione della leva potrebbe rappresentare un’opportunità per i giovani di acquisire competenze, disciplina e senso di appartenenza alla comunità nazionale. Altri, invece, ritengono che la leva obbligatoria sia ormai un retaggio del passato e che non sia più adatta alla società contemporanea.
Recentemente, alcuni politici e esperti hanno proposto la reintroduzione di una forma di servizio civile obbligatorio, che coinvolga i giovani non solo nell’ambito militare, ma anche in progetti di solidarietà, protezione civile e tutela dell’ambiente. Questa proposta, ispirata al modello di alcuni Paesi europei, potrebbe rappresentare un compromesso tra la necessità di coinvolgere i giovani nella vita civica e l’obsolescenza della leva militare tradizionale.
Si tratta di un progetto di legge per l’istituzione di un servizio di comunità della durata di sei mesi, gestito su base regionale, che coinvolgerebbe i giovani in attività di protezione civile, pronto soccorso o tutela boschiva. Il portavoce principale di questa iniziativa è il vicepremier Matteo Salvini, che ha rivelato alcuni dettagli in occasione di una recente adunata degli Alpini. Secondo Salvini, il ritorno, seppur rivisitato, della ex “naia” – da svolgere vicino alla propria residenza – potrebbe rappresentare una forma concreta di educazione civica. Il coinvolgimento dei giovani in attività di servizio alla comunità potrebbe contribuire alla formazione di cittadini responsabili e solidali.
Tuttavia, il Ministro della Difesa Guido Crosetto ha specificato che un eventuale servizio civile obbligatorio non dovrebbe coinvolgere le forze armate. Secondo Crosetto, il ruolo primario delle forze armate è quello di difendere le istituzioni e garantire la pace, e pertanto non sarebbero adatte ad ospitare un servizio civile obbligatorio.
Un parere nettamente contrario arriva da Maurizio Lupi, leader di Noi Moderati, che si oppone fermamente alla reintroduzione del servizio di leva militare obbligatoria. Secondo Lupi, la leva militare non è e non può essere uno strumento per educare i giovani. Tuttavia, Lupi riconosce che l’attuale situazione geopolitica potrebbe far riflettere sull’importanza di affrontare una carenza di risorse umane a livello europeo.