Il tema delle pensioni torna al centro del dibattito, questa volta nell’ottica del nuovo anno: in che modo sarà possibile lasciare il mondo del lavoro in anticipo?
Quest’anno le misure che consentono di accedere alla pensione in anticipo hanno registrato un numero inferiore di beneficiari. La ragione è data principalmente dal fatto che i requisiti sono andati incontro ad una serie di restrizioni, insieme ad una diminuzione dell’assegno riconosciuto ai cittadini. Quali sono le previsioni per il 2025? I lavoratori dovranno aspettarsi diverse novità.
Quello delle pensioni è un tema che si fa ogni anno più caldo in Italia. Il Paese rischia di dover affrontare una crisi senza precedenti, viste le criticità che ledono la base del sistema pensionistico. I cittadini continuano a sperare in una riforma da parte del Governo, che al momento starebbe vagliando le possibili vie da intraprendere.
In molti si domandano quali novità interesseranno le pensioni anticipate, ovvero tutte quelle misure che consentono di lasciare prima il mondo del lavoro. Di norma, infatti, per poter accedere alla pensione di vecchiaia è necessario dimostrare di possedere due requisiti precisi: aver compiuto i 67 anni di età e aver versato 20 anni di contributi.
Nonostante l’iniziale entusiasmo dei lavoratori all’idea di poter lasciare anticipatamente le proprie occupazioni, gli anticipi pensionistici non hanno portato proprio ai risultati sperati. Quest’anno il numero dei beneficiari è sceso notevolmente e le misure a disposizione si rivelano sempre più difficilmente accessibili – come nel caso di Opzione Donna. A ciò si aggiunge il fatto che, nella maggior parte dei casi, l’assegno pensionistico per chi si ritira in anticipo dal lavoro è destinato ad essere inferiore.
Cosa aspettarsi dal 2025? I cittadini sono in attesa di novità che possano portare ad effettivi vantaggi per quanto riguarda la possibilità di lasciare prima la propria occupazione. Negli ultimi tempi si è parlato molto di Quota 41, misura per cui la Lega starebbe spingendo parecchio. Questa, però, non sarebbe estranea ad alcune problematiche.
La riforma prevede l’accesso alla pensione con 41 anni di contributi, indipendentemente dall’età del richiedente. Tuttavia chiunque volesse beneficiarne dovrebbe accontentarsi di un assegno ridotto, calcolato con il metodo contributivo. Inoltre, vista la carenza di fondi, non è garantito che la misura possa essere aperta a tutti, quanto a determinate categorie di lavoratori.
Il CNEL, da parte sua, ha elaborato una riforma che andrebbe a mettere da parte il sistema delle Quote, a favore di una misura che permetterebbe ai cittadini di decidere di andare in pensione in un’età compresa tra i 64 e i 72 anni. I requisiti necessari per farlo sarebbero aver versato almeno 25 anni di contributi, con una pensione maturata equivalente ad almeno una volta e mezzo l’assegno sociale (dunque intorno agli 800 euro).
Anche in tal caso, la prestazione verrebbe calcolata affidandosi al metodo contributivo, con riduzioni nell’assegno per i beneficiari. Mentre si lavora a queste proposte, tuttavia, il Governo sta valutando novità indirizzate a disincentivare l’uscita anticipata dal mondo del lavoro, nel tentativo di risparmiare fondi, come la possibilità di introdurre bonus per chi decide di lasciare la propria occupazione più tardi.
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