Per aiutare la ricerca del disperso in dieci comuni della zona torinese è stato imposto il divieto di caccia per evitare serie conseguenze.
In alcune zone alpine, in cui la visibilità non sempre è massima per la presenza di tanti alberi e di tante foglie che oscurano la visuale, non sempre è facile vederci chiaro. Essendo però zone in cui la selvaggina è di quelle importanti, spesso la caccia è una arte estremamente praticata, nonostante non manchino mai le polemiche da questo punto di vista. Chiaramente sono le stesse autorità a dettare le regole, dal momento che non si può cacciare qualunque animale si voglia.
Siamo nel bel mezzo di una fase che per i cacciatori è estremamente importante. Le attività, in tal senso, stanno riprendendo ed in tal senso c’è anche fretta di riprendere. Adesso, però, in dieci comuni del torinese è stato imposto un divieto di caccia per dieci comuni. L’obiettivo, in tal senso, è quella di aiutare i ricercatori nella ricerca del disperso che ha fatto perdere le sue tracce ormai dieci giorni fa circa. Andiamo a vedere nel dettaglio di che si tratta.
I comuni che sono stati coinvolti, tutti di piccole dimensioni, sono i seguenti: Feletto, Lusigliè, San Giorgio Canavese, San Giusto Canavese, Bosconero, Foglizzo, San Benigno Canavese, Montanaro, Chivasso e Volpiano. Il divieto in questione è partito ieri, 15 settembre, e serve proprio a tutelare i ricercatori, che potrebbero essere colpiti accidentalmente da una classica pallottola impazzita o dallo sparo di un cacciatore che non si è accorto della presenza degli stessi nelle loro attività di caccia.
La decisione in questione, dolorosa dal momento che ha colpito nel cuore i cacciatori, pronti a ripartire dopo la pausa estiva, ha fatto molto discutere, ma si è resa necessaria per uno stato di cose fuori dal comune. Il ricercato, lo ricordiamo, è Gianni Canavera, l’imprenditore di 55 anni di San Francesco al Campo che è stato trascinato via dalla corrente del fiume Orco mentre era impegnato con un escavatore proprio nella zona di Feletto. Il tutto è avvenuto lo scorso 5 settembre, nel bel mezzo di una allerta meteo legata a condizioni economiche a dir poco avverse.
La decisione in questione è arrivata direttamente dal prefetto di Torino, Donato Cafagna, su richiesta diretta ed ufficiale della sindaca di Feletto, Maria Cristina Ferrero. L’obiettivo è tutelare la vita dei ricercatori ed agevolarli nel lavoro.
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