La pensione è un tema molto discusso in Italia e le notizie sono davvero negative per alcune generazioni in particolare: vediamo insieme i dettagli
La pensione è uno di quei temi molto discussi nel nostro paese e le scelte fatte in passato hanno portato a conseguenze negative che si sono via via materializzate a causa delle grandi svolte economico-sociali avvenute principalmente negli anni novanta. Infatti la comparsa della flessibilità del lavoro che elimina la rigidità della durata contrattuale e il passaggio cruciale della riforma pensionistica che introduce il calcolo contributivo, hanno determinato un situazione insostenibile per intere generazioni.
I correttivi messi in essere dai vari governi hanno creato ulteriori strette ai meccanismi pensionistici sino ad arrivare all’ultima manovra che impone nuove modifiche ai prepensionamenti. L’età in cui andare in pensione e il calcolo dei contributi varia a seconda dell’anno di nascita e quindi di entrata nel mercato del lavoro e la tabella di riferimento si complica ulteriormente.
La situazione delle pensioni oggi in Italia fotografa un paese con un alta spesa pensionistica proporzionata al Pil che si aggrava pensando al vuoto demografico che da anni affligge la nostra nazione con il calo delle nascite e di conseguenza meno giovani che entrano nel mondo del lavoro che si calcola nel 2050 saranno poco più di 8 milioni. Un mercato del lavoro senza lavoratori e quindi in pochissimi a reggere la piramide rovesciata delle pensioni.
L’anno della svolta è il 1996 quando si passa dal calcolo retributivo al calcolo contributivo e per chi ha iniziato a lavorare prima di quella data si evidenziano ora vantaggi e svantaggi. Si perché da un lato tali lavoratori possono contare sul sistema misto che comporta evidenti benefici ai fini pensionistici, ma dall’altro si rischia di perdere i contributi versati se non si raggiunge il requisito minimo per andare in pensione.
Se quindi sei un lavoratore che ha iniziato a lavorare prima del 1996 devi necessariamente avere raggiunto i 20 anni di contributi versati per poter accedere alla pensione. Poce le deroghe che scongiurano la perdita dei contributi versati per questa generazione di lavoratori. Cambia la questione invece per chi si è affacciato nel mondo del lavoro dopo il 1 gennaio 1996 ed ha versato un contributo settimanale. In questo caso si può accedere all’opzione contribuiva della pensione di vecchiaia rimandando ai 71 anni la pensione senza però perdere i soldi versati.
Sfuma invece la possibilità di andare in pensione a 64 anni, cioè tre anni prima, per chi appunto rientra nel sistema misto, perché si devono raggiungere i 42 anni e 10 mesi di contributi a causa dell’effetto della pensione anticipata. Chi invece fa parte dei contributivi puri dal 1 gennaio 2024 deve rientrare nel requisito soglia per l’accesso alla pensionata anticipata che è pari a tre volte l’importo mensile dell’assegno sociale, con una riduzione prevista per le donne con figli.
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