L’Unione Europea ha deciso di muoversi contro gli e-commerce gettonatissimi Shein e Temu: i due colossi cinesi sono alla fine.
Si apre un nuovo scenario sul futuro delle piattaforme cinesi Shein e Temu. L’Unione Europea ha detto basta e ha dichiarato un nuovo stop. Sono ben sei paesi membri ad aver inviato una lettera alla Commissione europea per chiedere di attuare delle nuove misure che vadano contro le politiche attualmente messe in atto dai due colossi dell’e-commerce.
Shein e Temu, negli ultimi due anni, sono riusciti a bypasssare accertamenti e verifiche condotti dall’Unione Europea. Hanno attirato un numero sempre maggiore di utenti grazie a pubblicità mirate e prezzi tra i più competitivi in assoluto su una proposta pressoché illimitata di prodotti.
Temu vanta oggi l’essere una delle piattaforme più frequentate al mondo, lanciata inizialmente solo in Canada e oggi gestita dalla società cinese Pinduoduo Holdings. Propone una gamma di prodotti che toccano i più disparati settori: dalla casa, all’abbigliamento, ai giocattoli e accessori, tutti venduti a prezzi bassissimi e introvabili altrove. Shein, invece, è stata fondata nel 2008 a Nachino e vive negli ultimi anni in aperto conflitto con Temu. E’ principalmente specializzata in abbigliamento ed accessori e non si pone solo come intermediario e promotore, ma anche come produttore stesso che ha saputo integrare sotto il proprio brand diverse piccole aziende tessili indipendenti.
L’Unione Europea non nutre grandissima simpatia per i due e-commerce a causa della mancanza di trasparenza in fatto di diritti degli utenti e dei consumatori, nonché per le condizioni che i lavoratori sono costretti a vivere nelle fabbriche cinesi. In aggiunta, entrambi sono accusati di vendere prodotti di scarsissima qualità intorno ai quali ruotano teorie sulla bassa sicurezza che li contraddistingue, dalle sostanze nocive presenti nei tessuti ai pericoli legati ai giochi per bambini).
Le critiche non finiscono qui: entrambe le aziende sono sotto l’occhio del mirino per il loro modello di business fondato sul fast fashion e sull’iper-consumismo e per la pratica di una concorrenza sleale proponendo prezzi tanto competitivi resi possibili solo dai bassi costi di produzione in Cina, dallo sfruttamento della manodopera e dalla mancanza di controlli che pongano fine a questo scenario.
Non è la prima volta che l’UE passa in rassegna in caso Shein e Temu. Già in passato era stata avviata un’indagine volta a comprendere se le due società rispettano le norme del DSA, il Digital Services Act, vale a dire il protocollo redatto per proteggere i consumatori dalle pratiche commerciali ritenute ingannevoli e per garantire la sicurezza dei prodotti. Sia Shein che Temu non sono ancora state contrassegnate come VLOP (Very Large Online Platform, piattaforme online di grandi dimensioni). Guadagnano questo titolo le aziende con più di 45 milioni di utenti attivi mensili e comporta l’obbligo ad adempiere a regole più stringenti. Quel che appare è che tanto Shein quanto Temu hanno fatto in modo di nascondere il vero numero degli accessi ai loro server, per evitare i nuovi obblighi.
Ed ecco che l’Unione Europea continua ad accumulare informazioni su violazioni in atto e tanti Paesi Membri (l’Italia esclusa) hanno richiesto più aggiornamenti e una maggior sorveglianza del mercato. L’obiettivo dell’UE è ora quello di far riconoscere Shein e Temu come VLOP: in questo modo saranno anche costrette ad aggiungere l’IVA ai prezzi dei prodotti e a fornire più informazioni sulla loro produzione. Ancora, dovrebbero conformarsi al programma di concorrenza leale e dimostrare che non vengono messe in atto politiche di lavoro forzato. Non potranno più aggirare l’applicazione dei dazi e dovrebbero garantire trasparenza nel trattamento dei dati personali degli utenti.
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