L’ospedale Sant’Anna di Torino accoglie la stanza “anti-aborto”, non mancano polemiche sul web e sui quotidiani: non tutti sono d’accordo.
Solamente lo scorso 10 settembre 2024 è stata annunciata la stanza “anti-aborto” all’ospedale Sant’Anna di Torino. Si tratta di un’iniziativa da parte degli anti abortisti che vogliono confrontarsi con le donne che avanzano richiesta di un’interruzione volontaria di gravidanza. Si pongono l’obiettivo di aiutare queste donne (anche economicamente) affinché possano superare gli ostacoli che le conducono verso la loro decisione di non portare avanti lo stato di attesa.
Sono stati necessari lavori di ristrutturazione e, ad un anno dall’annuncio del progetto, il 10 settembre abbiamo visto consegnare le chiavi della stanza ai volontari del Movimento per la Vita. Non mancano tuttavia delle lamentele a riguardo, concentrate soprattutto sul fatto che al momento non hanno saputo concretizzare il loro progetto.
Così come ha potuto dimostrare un sopralluogo messo in atto da Cgil e Se Non Ora Quando Torino, insieme ad altre incursioni avvenute tramite diverse società attiviste, il progetto non ha ancora visto alcuna attuazione. Nata a seguito di una convenzione firmata dall’Azienda Ospedaliera Universitaria della Città della Salute e della Scienza di Torino e l’Associazione Centro di Aiuto alla Vita e Movimento per la Vita “G. Faradini” di Rivoli il 28 luglio 2023, l’iniziativa non è ancora ufficialmente partita.
Al momento, sembra essersi trattato unicamente di propaganda di destra contro l’antiabortismo. La visita avvenuta il 16 settembre all’Ospedale Sant’Anna da parte di una delegazione della Camera del Lavoro di Torino e di SNOQ (“Se Non Ora Quando”) ha dimostrato che la stanza esiste ed è pronta all’uso, tuttavia ancora risulta chiusa a chiave. Non è presente alcun volontario a fare accoglienza né sono indicati orari e giorni d’apertura. Mancano anche indicazioni destinate ad utenti interessati ad ottenere informazioni.
Inoltre, non sono mancati dei commenti riguardo le condizioni fatiscenti del piano dell’edificio che ospita la famosa stanza “anti-aborto”. Le pareti ancora mostrano segni di lavori effettuati da poco e non terminati nonché tracce di vecchi incendi che hanno lasciato il muri annerito e i pannelli del soffitto scoperti. Questa la testimonianza della Cgil Torino, la quale asserisce anche che gli ambienti in questione erano destinati alla Breast Unit e i cartelli presenti ancora li identificano come tali. Stanze piene di scatoloni ancora chiusi e tutto abbandonato a sé stesso. L’incertezza permea l’atmosfera, aggiungendosi ad un’aria di dismissione e decadenza in contrasto con il sentimento di accoglienza che si dovrebbe respirare in quel contesto.
Tutto il contrario di quel che ci si aspetta, considerando la delicatezza della tematica che la stanza vuole trattare. Corridoi deserti, fili elettrici, tubature e cavi scoperti: questo è quel che accoglie un visitatore. Sulla porta della stanza c’è anche un numero verde al quale risponde un operatore che non sa fornire assistenza o dare risposte.
Alla resa dei conti, si può asserire che la famosa stanza è inesistente e null’altro che frutto di propaganda: tutt’altro che stanza dell’ascolto, è una “stanza della vergogna”, così come definita da chi ha effettuato i dovuti controlli. Un progetto annunciato, finanziato con abbondanti risorse (precisamente un milione di euro l’anno) e ancora assente. Le femministe sono state accusate di “blaterare”: queste le parole di Chiara Gribaudo, vicepresidente del Pd, in un’intervista rilasciata a Fanpage.it.
“La Regione dovrebbe trovare maggior equilibrio e pensare di investire questi soldi nell’assunzione di personale medico non obiettore, piuttosto che regali ad associazioni che non aiutano affatto le donne ad affrontare una scelta personale né la rispettano”. Cgil e SNOQ hanno inviato un ricorso al Tar Piemonte contro la stanza “anti-aborto”, chiedendo che l’accordo venga revocato per violazione dei principi della legge 194. Al momento il ricorso è ancora in atto.
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