La Lombardia investe per la costruzione e la ristrutturazione degli impianti sciistici, ma in certe zone la neve non c’è: le proteste degli ambientalisti.
I cambiamenti climatici stanno stravolgendo le nostre abitudini, influenzando, spesso in negativo, interi settori. Ad esempio, inverni sempre più miti e assenza di nevicate stravolgono l’economia di numerose località sciistiche. In alcune zone di montagna la neve è poca, in altre ormai non nevica più, se non per brevissimi periodi. È la nuova realtà alla quale dobbiamo abituarci.
Se ormai è troppo tardi per invertire la tendenza, e il massimo che si può fare è rallentare il cambiamento climatico, alcune Regioni non hanno forse presente la gravità della situazione. È il caso della Lombardia, la quale ha da poco stanziato finanziamenti di milioni di euro per la costruzione e il rinnovamento di infrastrutture sciistiche in località dove non nevica più. Che senso ha tutto ciò?
A basse quote, sulle montagne lombarde nevica ormai pochissimo e per breve periodi, eppure si continua a investire per realizzare piste da scii e impianti di risalita. Se fino a qualche decennio fa la neve era un’abitudine, in queste zone, ora avere un inverno come si deve appare un miracolo. Nell’Alta Brianza, sui pendii del Pian del Tivano, un tempo i ragazzini erano soliti sciare nei weekend.
C’era il pullman che accompagnava decine di ragazzi allo sci club di Erba, per poi trasportarli al Triangolo Lariano, oltre la Colma di Sormano, a 1.000/1.2000 metri si sciava alla grande, e per mesi. Nel comune di Bellagio, a San Primo, le nevicate erano abbondanti, ma oggi? Oggi di neve se ne trova poca, specie a basse altitudini. Nevica poco, giusto per qualche giorno.
Ma gli scenari sono gli stessi in tante altre località, specialmente quelle poste sotto i 2.000 metri. Le Prealpi lombarde non offrono più i panorami innevati di 20 o 30 anni fa. Ora è tutto diverso, eppure la Regione Lombardia continua a finanziare la costruzione di nuovi impianti, stanziando milioni di euro al fine di rilanciare località e stazioni sciistiche, andando incontro a fallimento certo.
Tra l’altro, le Olimpiadi di Milano – Cortina, che si terranno nel febbraio 2026, stanno accelerando questi scriteriati finanziamenti. Al Comune di Bellagio, ad esempio, la Regione vorrebbe dare 5 milioni di euro, per investire su nuovi impianti sul Monte San Primo, riqualificando il comprensorio del Triangolo Lariano, posto a 1.600 metri. Un vero azzardo, visto che ormai non nevica quasi più, da queste parti.
Alberi abbattuti, porzioni di bosco distrutte, nuova colata di asfalto per la creazione di parcheggi, impianti di risalita, innevamento artificiale, ma per cosa? Diverse associazioni ambientaliste contestano il progetto, chiedendo di bloccarlo. Il CAI afferma che si tratterebbe di uno spreco di denaro. Inoltre, la Lombardia sta vivendo un lungo periodo di crisi idrica, determinato dalle prolungate siccità degli ultimi anni.
Non sembra molto intelligente spendere soldi per finanziare progetti fallimentari, specie quando gli stessi soldi potrebbero essere investiti per risolvere la crisi idrica. Ma la situazione è critica un po’ ovunque, in Valtellina, a Teglio, il Comune vorrebbe investire 12 milioni per riqualificare il comprensorio sciistico di Prato Valentino.
In provincia di Lecco, ad Artavaggio, i milioni che si vorrebbero investire sono 13,5, per rinnovare gli impianti di Piani di Bobbio, a 1.650 metri di quota. A Bergamo, inoltre, è previsto un progetto enorme del valore di 50 milioni per collegare le piste nel comprensorio Colere – Lizzola, in una stazione sciistica posta sotto i 2.000 metri.
Gli esperti avvertono che c’è il forte rischio di lasciare tutte le piste abbandonate, visto che nelle zone alpine la neve è sempre di meno, e allora occorre rivoluzionare il concetto di turismo invernale, rendendolo più sostenibile e cercando di non buttare via milioni di euro.
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