È stato fermato un latitante fuggito per 23 giorni: nel 2009 aveva ucciso la compagna di 46 anni. A un passo dalla libertà si è dato alla macchia girando tutta l’Italia in treno.
Era il 5 aprile 2009 quando Alain Dante Stefanoni ha ucciso la compagna Alice Acquarone. Mamma di due figli e separata, la 46enne è morta per un colpo datole con una chiave inglese mentre si trovava nella sua casa. L’uomo l’aveva poi seppellita a Torino, in largo Fabrizi 110.
L’autore del femminicidio ha scontato 15 anni di carcere: ridotta la sua condanna, il 50enne nell’ultimo anno era in libertà vigilata. Non mancava molto alla fine della sua pena quando si è dato alla macchia fuggendo.
Stefanoni era a un passo dalla libertà. Mancava solo un’udienza al tribunale di sorveglianza di Alessandria prevista il 3 settembre 2024. Ma la voglia di essere libero era talmente tanta che non si è presentato, fuggendo proprio quel giorno quando si stava recando in tribunale con i suoi legali.
La fuga di Stefanoni è durata in totale 23 giorni. Il 50enne è scappato mentre stava andando alla sua ultimissima udienza: era il 3 settembre quando in macchina l’uomo ha costretto i suoi legali a cambiare direzione, derubandoli anche. Gli avvocati si sono opposti alla sua richiesta di fare dietrofront: scappato con il telefono di uno dei legali, poi lo ha buttato nei giorni seguenti nel timore di essere rintracciato. Dopo 23 giorni, il 26 settembre, il 50enne è stato fermato dagli agenti della polizia in una pasticceria in pieno centro di Torino. Grazie al lavoro del nucleo investigativo, i carabinieri hanno catturato Stefanoni. Nel corso della sua fuga era scappato in treno girando tutta l’Italia.
L’avvocato di Stefanoni, Antonio Foti, 83 anni, ha raccontato come pur avendo saltavo il 50enne dall’ergastolo, quest’ultimo non li avesse neanche pagato la particella. Uscito dal carcere lo scorso 3 luglio, sarebbe dovuto restare a Torino vivendo in una struttura protetta di corso Svizzera (in questo articolo trovi un focus su un altro femminicidio).
Durante il suo viaggio in macchina con l’autore del femminicidio, mentre si stavano recando all’ultima udienza si è sentito un taglierino – dalla lama di 10 cm – puntato al collo. Il 50enne ha chiesto di essere portato in via Ala di Stura, senza dare spiegazioni: il legale e la collega presenti in auto con lui si sono rifiutati di proseguire il viaggio. Oltre a rubare un telefono a uno dei due, ha preso la macchina scappando.
Stefanoni aveva ucciso la compagna spiegando di averlo fatto in quanto quest’ultima voleva lasciarlo. Insieme dall’agosto del 2019, il cadavere della 43enne è stato ritrovato il 5 aprile. Durante il processo, l’uomo era stato riconosciuto seminfermo di mente in seguito a una perizia: l’avvocato Longi era riuscito a ottenere una condanna scontata a 17 anni e 3 mesi, fissata poi a 30 anni dalla giudice Salvadori per via dell’aggravante della crudeltà nell’omicidio. Questi erano diventati 16 in appello. Il 50enne era stato condannato a risarcire 560mila euro nei confronti delle figlie della 46enne.
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