Durissima stangata in arrivo sulle pensioni che subiranno tagli davvero incredibili. Ma, a quanto pare, è l’unica soluzione possibile.
La stangata è servita! Già perché di vera e propria stangata si può parlare e, ancora una volta, riguarda le pensioni, uno dei temi più scottanti del momento visto che ci stiamo avvicinando alla legge di Bilancio 2025 e bisogna capire cosa deciderà di fare il Governo di Giorgia Meloni per il prossimo anno.
E’ già stato anticipato che, nel 2025, le pensioni verranno rivalutate ma in misura nettamente più bassa rispetto al 2023 e al 2024. Stando alle prime stime, infatti, nel 2025 la rivalutazione degli assegni dovrebbe aggirarsi intorno all’1,6%. Massimo 1,8% ma sicuramente non di più.
Le brutte notizie, però, non finiscono qui in quanto si prevedono pesanti tagli sulle pensioni. I contribuenti sono su tutte le furie e non riescono a digerire il “rospo”, soprattutto in questo periodo di caro vita non ci volevano altre penalizzazioni. Ma, a quanto pare, un’altra soluzione non c’è.
Pensioni: la stangata è in arrivo
L’Esecutivo, per la prossima legge di Bilancio, si trova alle strette: Giorgia Meloni e la sua squadra di Governo sono stati messi con le spalle al muro dalla mancanza di adeguate risorse economiche. Con appena 20 miliardi di euro è impossibile riconfermare il taglio del cuneo fiscale e, al contempo, agevolare le pensioni anticipate.
Ma il taglio del cuneo fiscale non si tocca: su questo punto il premier non transige. E non si torna indietro neppure per quel che riguarda le aliquote Irpef che continueranno ad essere tre. Tutto questo, però, svuota progressivamente le casse dello Stato e, al tempo stesso, bisogna anche pensare a come muoversi su quel campo minato che sono le pensioni.
Messa definitivamente nel cassetto del dimenticatoio – almeno per ora – la proposta della Lega di estendere a tutti Quota 41 che, seppur con il ricalcolo contributivo degli assegni previdenziali, costerebbe troppo. Riconfermata senza esitazioni la legge Fornero che impone di restare al lavoro almeno fino a 67 anni ma anche oltre se gli anni di contributi non raggiungono almeno la soglia dei 20.
Bisogna considerare, tuttavia, che un’età pensionabile così avanzata favorisce la disoccupazione giovanile in quanto non agevola il ricambio generazionale nelle aziende e nei luoghi di lavoro in generale. Che fare allora per mandare prima in pensione gli attuali lavoratori e favorire l’inserimento dei giovani?
Una possibilità sarebbe una pensione anticipata di tre anni ma con tagli sull’assegno. In pratica – come aveva proposto qualche tempo fa l’ex presidente dell’Inps Pasquale Tridico – si potrebbe promuovere l’uscita dal lavoro già a 64 anni ma l’assegno verrebbe decurtato del 3-4% fino al raggiungimento dei 67 anni.
Una soluzione che, tutto sommato, permetterebbe di salvare “capra e cavoli”. In pensione prima sì ma solo se accetti un assegno più basso per qualche anno. Per il momento questa potrebbe essere l’unica soluzione accettabile per ambo le parti: Stato e contribuenti.