La tragedia di Superga ha segnato in modo indelebile il mondo del calcio e non solo, non tutti sanno però chi ha dovuto riconoscere le salme.
Esistono degli eventi che ci possono segnare in maniera indelebile, anche se non li abbiamo vissuti direttamente o addirittura se non eravamo ancora nati quando si sono verificati. Questo ci porta anche a ricordare cosa stavamo facendo in quell’esatto momento in cui ne siamo venuti a conoscenza. Basti pensare, ad esempio, a qualcosa di più recente come l’attentato alle Torri Gemelle a New York, ma non manca chi ancora adesso non dimentica la Tragedia di Superga, consapevole di come questo fatto sia stato qualcosa che va al di là del mondo del calcio.
Anzi, sembra quasi impossibile pensare siano passati ben 75 anni (era il 4 maggio 1949) quando poco dopo le 17 un aereo trimotore Fiat G.212CP con a bordo tutta la squadra calcistica del Grande Torino si è schiantato sulla basilica di Superga, in Piemonte, a poco più di 600 metri di quota. A perdere la vita sono state 31 persone.
Il riconoscimento delle salme dopo la Tragedia di Superga: un ruolo difficile
Nonostante il tempo sia passato, sono ancora poche le certezze in merito a quali siano le cause che hanno portato alla Tragedia di Superga. Si pensa possano avere influito le condizioni meteo, che hanno portato a poca visibilità, ma anche un malfunzionamento degli strumenti.
Tutto è iniziato alle 9.52 di quella giornata, quando quella squadra leggendaria, ribattezzata “Grande Torino” era partita da Lisbona per fare ritorno nel capoluogo piemontese, dopo avere disputato un’amichevole con il Benfica. Arrivato in Piemonte, il pilota si è reso conto di come fosse difficile guidare in quelle condizioni, per questo non ha esitato a segnalare la presenza del velivolo a Savona quando l’altimetro segnava 2000 metri di quota per poi iniziare la discesa, ma è stato a quel punto che ha colpito il colle di Superga schiantandosi sulla Basilica. A perdere la vita sono state 31 persone, inclusi tutti i giocatori della squadra, 3 giornalisti e 5 tecnici. Il compito sgradevole di riconoscere tutti i corpi è stato dato all’allenatore Vittorio Pozzo.
Tra gli invitati all’evento, anche se non presenti, c’erano anche l’ex ct Pozzo, che ha preferito cedere il posto a Cavallero. Assenti anche il telecronista Nicolò Carosio, bloccato in Italia dalla cresima dal figlio, il calciatore Tommaso Maestrelli, a cui Valentino Mazzola aveva chiesto di aggregarsi pur giocando nella Roma (aveva avuto un problema con il passaporto all’aeroporto) e il presidente del Torino Ferruccio Novo, che aveva una broncopolmonite. Tra i componenti della rosa non c’erano invece il difensore Sauro Tomà, il capitano della Primavera Luigi Giuliano (unito da qualche tempo alla Prima Squadra) e il portiere di riserva Renato Gandolfi (il terzino Aldo Ballarin aveva fatto il possibile per avere vicino il fratello Dino).
Alcuni resti dell’aereo, tra cui uno pneumatico a pezzi, l’elica e parte della fusoliera, oltre alle valigie di Mazzola, Maroso ed Erbstein, si trovano nel Museo del Grande Torino e della leggenda granata, ospitato nella prestigiosa Villa Claretta Assandri di Grugliasco, inaugurato il 4 maggio 2008, giorno del 59esimo anniversario della Tragedia di Superga. Sette dei diciotto calciatori si trovano presso il Cimitero Monumentale di Torino, altri dieci nei loro Comuni di origine, mentre la salma di Eusebio Castigliano era inizialmente a Torino, oggi è a Carmagnola. Ogni anno la squadra continua a rendere omaggio alle vittime in occasione dell’anniversario.